Libro: Berogno; Urcioli, “Gerusalemme: ultima cena”

Marta Berogno, Generoso Urciuoli, Gerusalemme: ultima cena, Ananke, Torino 2015

Una storia dove il cibo è inconsapevolmente protagonista. In maniera più corretta, si dovrebbe affermare che Gerusalemme: Ultima Cena è una storia che utilizza il cibo per indagare su uno degli avvenimenti chiave per la cultura occidentale e per tutta l’umanità: l’Ultima Cena, evento presumibilmente accaduto all’inizio del I secolo d.C. e inserito in un contesto ben preciso e articolato. Il cibo, però, come elemento di indagine, non è stato l’unico ad essere sottoposto alla lente di ingrandimento: la Palestina, Gerusalemme, l’impero romano, il popolo eletto, le Sacre Scritture e non solo, sono gli altri ingredienti, dal fascino fortissimo e dal sapore esotico, che vengono imbanditi sul tavolo di questa ricerca. La ricetta sarebbe risultata incompleta senza uno di essi e il preparato finale privo di sapore; infatti, il criterio di sostituibilità che vale in cucina, se non si ha a disposizione un alimento, se ne utilizza un altro simile, non è accettabile nel ricostruire il quadro ipotetico di quell’evento. L’indagine condotta dagli autori, se pur archeologica, storica, antropologica, religiosa e sociale, utilizza il filtro del cibo, elemento che fornirà una sensazione di realtà e di tangibilità. L’obiettivo del libro è quello di fornire delle risposte al qui, dove, quando, perché, ma soprattutto al cosa è stato servito su quella “tavola”. E le ricette? Ci saranno!

(Dalla presentazione del libro)

Libro: Elisabetta Sangalli, “Leonardo e le dodici pietre del Paradiso”

 

Elisabetta Sangalli, Leonardo e le dodici pietre del Paradiso (Leonardo and the twelve stones of Heaven), Genialtutor.com, 2016

Per la prima volta, un libro affronta la simbologia delle pietre dipinte da Leonardo nell’Ultima Cena. Il testo espone l’argomento considerando elementi assai differenti: l’impiego delle gemme nelle civiltà antiche, la tradizione ebraica, la conoscenza deli minerali nel Medioevo e il loro uso nel Rinascimento.

Scrive l’autrice Elisabetta Sangalli, storica dell’arte: “preparando una lezione sul Cenacolo vinciano, ho focalizzato un giorno lo sguardo sulla pietra-castone dipinta da Leonardo sulla veste del Cristo. Conoscevo bene il dettaglio delle pietre, tuttavia non mi ero interrogata sul loro significato. Ho così iniziato a chiedermi perché mail l’artista avesse dipinto le pietre preziose sulle vesti dei personaggi, quale messaggio volesse comunicare. Così è iniziato il mio viaggio alla scoperta del significato delle dodici pietre”.

 

Altre info su:
https://www.youtube.com/watch?v=194woXU4ZBo

https://500leonardodavinci.com/libro-leonardo-da-vinci/

Baldassarre AUFIERO. I piedi di Cristo.

A volte gli ordinari reticoli spazio-temporali deflagrano in un racconto di pura stupefazione.
Dopo esattamente quattordici anni esce il nuovo romanzo di Baldassarre Aufiero, edito da Mozzafiato. Una lunga attesa. Un romanzo di Storia dell’Arte. Una scelta epidermica, ma contemporaneamente quasi spirituale, come la definisce lo stesso autore.
La storia del romanzo è inizialmente ambientata nel 1652, quando senza nessuna ragione logica, né necessaria, i frati domenicani della Basilica di Santa Maria delle Grazie costruirono una porta enorme sotto il Cenacolo, una porta di oltre tre metri di altezza, cancellando per sempre i piedi di Cristo.
In effetti, questo è il titolo del romanzo “I piedi di Cristo”. L’inutilità di quella porta è constatabile mediante lo studio delle giustificazioni storiche e artistiche che vengono utilizzate, sia attraverso uno studio perimetrale del Refettorio dove è collocato il Cenacolo.
La giustificazione più usata è che questa porta sarebbe servita per unire le cucine al Refettorio dei frati e far arrivare le pietanze calde al loro tavolo. Ma esistevano già delle porte che collegavano il Refettorio all’esterno ed erano state utilizzate da sempre, dal 1498, quando Leonardo aveva finito di dipingere il Cenacolo. Dopo oltre 150 anni, costruire una porta di tali dimensioni non aveva nessun motivo. Ancor più distruggendo una parte rilevante di un dipinto tanto importante, quando esistevano mille alternative a questa soluzione drastica.
La trama del romanzo è incentrata sulla figura di Bartolomeo, un ladro che diventa assassino in una circostanza insolita e fugge da Milano portando con sé inconsapevolmente un bozzetto che nasconde la verità sulla vera ragione perché furono cancellati i piedi di Cristo. La fuga di Bartolomeo si trasforma in un viaggio verso il Nord, riservando al protagonista e al disegno, due destini diversi.
La peculiarità di questa opera letteraria è che sarà un libro da collezione. Un libro edito in edizione limitata, ogni copia porta un numero e sarà così anche per le eventuali edizioni future. Inoltre l’autore ha fatto una scelta editoriale importante e originale.
Il libro non si troverà né nelle librerie, né sulle varie piattaforme di lettura virtuale tipo Kindle
Questo perché Baldassarre vuole superare l’impersonalità di un romanzo in libreria, preferisce un rapporto diretto con il lettore, ascoltando i suoi commenti e aprendo un colloquio.
Quindi chi fosse interessato all’acquisto, si può rivolgere direttamente all’autore: baldassarre.aufiero@gmail.com

Info:
MOZZAFIATO sito web giornalistico
Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano n°21 del 8 febbraio 2016
www.mozzafiato.info
(+39) 389 044.05.65

AA.VV. LEONARDO. Il genio il mito.

Catalogo mostra alla Reggia di Venaria 17 novembre 2011 – 29 gennaio 2012

Sommario:

– Carlo Pedretti, Proemio;
– Clara Vitulo, La collezione leonardiana della Biblioteca Reale di Torino. Il contributo dei bibliotecari (1839-1975);
– Paola Salvi, Leonardo attraverso la Collezione della Biblioteca Reale di Torino;
– Carlo Pedretti, I disegni di Leonardo “ripassati” da allievi o seguaci;
– Annalisa Perissa Torrini, Leonardo e l’armonia in arte e musica.
– Pietro C. Marani, Edoardo Villata, Il volto di Leonardo nelle testimonianze letterarie e figurative tra realtà e mito;
– Renato Barilli, Presenze di Leonardo nell’arte contemporanea;
– Arnaldo Colasanti, L’antica modernità e la sfera del senso.

Info:
Silvana Editoriale – La Venaria Reale

Data ultima verifica: 31/10/2020
Rilevatore: Feliciano Della Mora

Simona CREMANTE, Leonardo da Vinci – Artista, Scienziato, Inventore.

Coordinamento e introduzione di Carlo Pedretti.

Sommario:
La vita, la pittura, i disegni, le raccolte, i manoscritti, i codici, Bibliografia.

Giunti Editore, 2005, ppgg. 640.

FIRENZE. Santa Croce, Ultima Cena di Giorgio Vasari

Il grande dipinto a olio su tavola, formato da cinque scomparti in legno di pioppo, (262 x 580 cm) fu commissionato al Vasari da nobili monache per il refettorio del monastero delle Murate di Firenze e fu realizzato tra il 1546 e il 1547.
Il dipinto fu conservato alle Murate fino alla soppressione dell’ordine religioso avvenuta nel 1808 durante la dominazione di Napoleone Bonaparte. Successivamente venne trasferito all’interno del complesso di Santa Croce, dove rimase fino al 4 novembre 1966, giorno dell’alluvione di Firenze. Gravemente danneggiato dalle acque, venne portato nei depositi della locale Soprintendenza dove rimase per circa 40 anni.
Soltanto a partite dal 2006 venne deciso il restauro, presso l’Opificio delle Pietre Dure, terminato nel corso del 2016, che ha portato alla ricollocazione originaria del dipinto nel Museo di Santa Croce in occasione del cinquantesimo anniversario dell’alluvione.
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“Dall’alluvione alla rinascita: il restauro dell’Ultima Cena di Giorgio Vasari. Santa Croce cinquant’anni dopo (1966-2016)”, a cura di Roberto Bellucci, Marco Ciatti, Cecilia Frosinini.
Edizioni Firenze Edifir – Opificio delle Pietre Dure, 2016

Indice:
– Presentazioni;
– Alessandro Nova, L’Ultima Cena di Giorgio Vasari per il convento delle Murate: contesto, committenza e un episodio della crisi religiosa del Cinquecento;
– Emanuela Ferretti, La res aedificatoria di Vasari nello specchio delle arti figurative: prime note sull’architettura dipinta dell’Ultima Cena delle Murate;
– Daniela Smalzi. Il cenacolo vasariano del refettorio delle Murate: ipotesi ricostruttiva del contesto architettonico;
– Ludovica Sebregondi, Claudia Timossi. L’Ultima Cena di Vasari in Santa Croce;
– Giorgio Valentino Federici. Giorgio Vasari e le alluvioni.
– Marco Ciatti. Cinquanta anni dopo: i problemi conservativi dei dipinti alluvionati;
– Antoine Wilmering. The Last Supper and the Panel Paintings Initiative;
– Roberto Bellucci. L’Ultima Cena di Giorgio Vasari: 40 anni di depositi e 10 anni di restauro. La fine di un ciclo?
– Ciro Castelli, Alberto Dimuccio, Mauro Parri, Andrea Santacesaria. I cinque supporti lignei dichiarati “irrecuperabili”: dalla criticità al completo recupero;
– Elisabetta Bianco, Antonella Casaccia, Ilaria Corsini, Chiara Mignani, Debora Minotti. L’Ultima Cena del Vasari: un restauro al limite del possibile;
– Marco Pancani, Il sistema di sollevamento pensato per l’Ultima Cena.
– Tavole.
– Raffaella Fontana, Enrico Pampaloni, Paolo Pingi, Studio dei sollevamenti dello strato pittorico mediante rilievo tridimensionale;
– Carlo Galliano Lalli, Giancarlo Lanterna, Isetta Tosini, Federica Innocenti, Le indagini del Laboratorio scientifico sulla tavola del Vasari.

Localizzazione: FIRENZE. Chiesa di Santa Croce
Autore: Giorgio Vasari
Periodo artistico: 1546 -1547
Note storiche: STORIA DEL CONVENTO DELLE MURATE Nel 1390 il Comune concesse ad una giovane donna di nome Apollonia, già compagna di santa Caterina da Siena, di vivere in una casupola in legno a ridosso del secondo pilone del "Ponte Rubaconte", l'attuale ponte alle Grazie. Dopo sei anni vissuti in totale solitudine, Apollonia accolse un'altra donna, suor Agata, e la sua nipotina di tre anni. Nel 1400, sentendo il bisogno di staccarsi totalmente dal mondo, si fecero murareall'interno della casina, vivendo di elemosine, in condizioni di estremo disagio; poi altre donne seguirono il loro esempio e occuparono la casina di un altro pilone; la gentedel tempo prese ad usare l'appellativo delle "Murate". Nel 1424 l'abate Gomezio, benedettino, nominato dal papa riformatore di tutti i monasteri di Firenze, le fece trasferire in via Ghibellina in una casa ricevuta in eredità e adattata a piccolo monastero in cui introdusse la regola benedettina. Fra il 1439 e il 1443 venne realizzato il nuovo monastero che godette di lasciti di terreni e case confinanti. Dalla seconda metà del Quattrocento e per tutto il Cinquecento, il monastero ospitò le figlie delle più insigni famiglie italiane dell'epoca. Il monastero venne ristrutturato e ingrandito nel 1471 da Lorenzo de' Medici a seguito di un incendio; grandi lavori furono effettuati anche durante tutta la prima metà del Seicento sia architettonici che pittorici. La soppressione delle corporazioni religiose voluta del governo napoleonico nel 1808 portò alla chiusura definitiva nel 1817. Tra il 1817 al 1845 gli spazi del complesso ospitarono una caserma e una fabbrica di fuochi di artificio. Intanto iniziavano i lavori per adattare Le Murate a carcere, l'istituzione della "Casa di correzione per Maschi" venne ufficialmente varata il 1832; nel 1848 le carceri assunsero il nome di Stabilimento penitenziario di Firenze. Il carcere venne chiuso nel 1984, ma il recupero edilizio e funzionale dell'ex carcere delle Murate iniziò solo nel 2001.
Materiale illustrativo: Vedi sopra libro.

Javier SIERRA, La cena segreta.

“Il Cenacolo di Leonardo, un cold case da risolvere: Pietro è tra i sospettati”
La notte più lunga dell’umanità inizia come un giallo. Il Maestro sta cenando in una casa sul monte Sion, appena fuori dalle mura di Gerusalemme. Il Vangelo di Giovanni ci racconta che a quel tavolo ci sono anche i dodici discepoli, che pasteggiano con lui a pane e vino. L’atmosfera è attraversata da una tensione inspiegabile. In un momento in cui il brusio cala, il Maestro prende la parola. Una frase sola, che rimbomba come un tuono. «Uno di voi mi tradirà». Cala il silenzio. Soltanto il prediletto ha il coraggio di parlare. «Chi è?», chiede sbigottito. Già, chi? L’attimo si congela, tutto si ferma.
È quello l’istante che nel 1495 Leonardo da Vinci sceglie di rappresentare nel suo capolavoro, l’Ultima Cena, l’opera più grande della sua carriera. Un dipinto di quasi nove metri per cinque, realizzato nell’arco di tre anni sulla parete del refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie, a Milano. Più di cinquecento anni dopo tutto è rimasto come allora, un fotogramma sospeso nel tempo. Gesù ha ancora il capo reclinato, gli occhi socchiusi, la bocca lievemente aperta. E intorno a lui i discepoli con i corpi curvi, quasi contorti, come per l’effetto di un’esplosione.
«Il Cenacolo è un’opera molto meditata. Nonostante sembri un dipinto religioso tradizionale, per Leonardo rappresentava ben altro. Si tratta di un vero e proprio manifesto politico». A parlare è lo scrittore Javier Sierra, spagnolo di Teruel, giornalista e divulgatore. Autore di gialli storici spesso a sfondo esoterico, Sierra è considerato il Dan Brown spagnolo, nonché uno dei pochi autori non di lingua inglese in grado di scalare le classifiche di vendita americane. Al Cenacolo di Leonardo, Sierra ha dedicato nel 2004 il romanzo «La cena segreta», appena riproposto in Italia da DeA Planeta. Oggi alle 17 lo scrittore sarà a Torino, al Circolo dei Lettori (in via Bogino 9), per una lectio magistralis che rientra negli eventi di avvicinamento al prossimo Salone del Libro e nelle celebrazioni per il cinquecentenario della morte del genio fiorentino.
Nel suo romanzo, Sierra immagina che un religioso domenicano venga inviato a Milano dall’Inquisizione per indagare sulla lavorazione del dipinto, che assume giorno dopo giorno connotati sempre meno ortodossi. «Frate Agostino Leyre è un personaggio di fantasia inserito in un contesto reale», racconta l’autore. «Leonardo è probabilmente il personaggio storico dell’età antica di cui abbiamo più informazioni. Nonostante i numerosi scritti, però, la sua vita presenta ancora molte lacune. Ho provato a colmarle con l’immaginazione e la finzione narrativa».
In effetti nel Cenacolo sono molti gli elementi che non quadrano. In tavola non compare il calice del vino. Gli apostoli non vengono rappresentati con la tradizionale aureola. Giovanni ha addirittura il viso di una fanciulla. «Non solo», fa notare Sierra. «Il penultimo discepolo sulla destra ha le sembianze del pittore stesso e sta voltando le spalle a Gesù. Leonardo non è mai stato quello che definiremmo un buon cristiano. Il suo biografo, il contemporaneo Giorgio Vasari, scrisse di lui che “non si accostava a qualsivoglia religione, stimando per avventura assai più lo esser filosofo che cristiano”. Non è un caso che il suo interlocutore nel dipinto abbia le sembianze di Platone. Leonardo era più interessato alla libertà che alla fede».
La teoria del romanzo è che l’artista avesse subito l’influenza degli eretici catari, di cui nel XV secolo una delle ultimissime comunità sopravviveva a Concorezzo, alle porte di Milano. «I catari avevano un sistema di valori molto particolare. Rifuggivano dalle relazioni sessuali perché ritenevano diabolica la materia corporea e anche Leonardo ci risulta essere stato un uomo casto. Era vegetariano come lo erano i catari, e infatti sulla tavola dell’Ultima Cena è raffigurato non il tradizionale agnello pasquale ma un pesce. I catari vietavano la raffigurazione di Gesù in croce e in effetti Leonardo non dipinse mai una crocifissione, circostanza curiosa per un artista del Rinascimento. Sono tante le connessioni che lasciano pensare che da Vinci fosse un uomo più aperto all’eresia che alla dottrina cattolica».
Il finale del giallo dell’ultima cena di Gesù è noto a tutti: fu Giuda Iscariota a tradire Gesù. «No, fu Pietro», sorride Sierra. «O quantomeno questo è quanto accade nel Cenacolo leonardesco. Pietro è l’unico personaggio con un’espressione minacciosa. Intimidisce Giovanni piazzandogli una mano sul collo mentre nell’altra cela un coltello. È l’unico personaggio armato del dipinto. Solo che accusare Pietro di aver venduto Gesù significava accusare il Papa. Per questo Leonardo nascose questa sua posizione dietro a una fitta rete di simbologie, di cui oggi si è persa la chiave di lettura».

Autore: Fabrizio Accatino

Fonte: www.lastampa.it, 14 marzo 2019

Paolo RICCA, “L’Ultima Cena, anzi la Prima”, La volontà tradita di Gesù.

Ricca UCChe cos’è la Cena del Signore? E che cosa facciamo quando la celebriamo?
È da questi “semplici” interrogativi che prende il via l’originale percorso di riflessione del teologo Paolo Ricca.
Atto massimamente inclusivo – coinvolse Giuda, che tradirà Gesù, Pietro, che lo rinnegherà tre volte, e gli altri discepoli, che lo lasceranno solo -, nondimeno la Cena divide i cristiani, in particolare cattolici e protestanti, i quali, a loro volta, ne conservano concezioni differenti, in un’assenza di comunione eucaristica contraria alla volontà di Gesù.
Un’ampia antologia di testi attraverso cui comprendere i cambiamenti nei secoli dell’interpretazione e della pratica della Cena accompagnano i ragionamenti di Ricca.

L’autore
Paolo Ricca pastore valdese, è stato ordinario di Storia del cristianesimo (1976-2002) presso la Facoltà valdese di Teologia di Roma. È professore ospite del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. Direttore della collana “Opere scelte – M. Lutero”, fra le sue numerose pubblicazioni ricordiamo: Le ragioni della fede (Claudiana, 2010) e La fede cristiana evangelica. Un commento al Catechismo di Heidelberg (Claudiana, 2012).

Info:
Claudiana, Torino 2013, pp. 289 + 12 pp. di illustrazioni a colori, euro 18,50
f.to cm 14,5 x 21 – 978-88-7016-970-6
Http.//www.claudiana.it – E-mail: info@claudiana.it

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